Il lettore abituale di questo blog ormai è abituato a leggere di onde e frangenti, ma in questo articolo, oltre a parlare del fenomeno naturale in sé, andiamo a vedere come viverlo in prima persona.
Per trattare questo tema ho voluto prendere spunto dalle parole di Stefano Tiozzi, allenatore di nuoto e professionista del salvamento, con una vasta esperienza nel nuoto in mare, anche in condizioni estreme.
Analizzandone il profilo, possiamo rilevare diversi parametri delle onde, il cui principale è l'altezza, quale viene misurata attraverso la Scala Douglas e stabilisce l'impetuosità del moto ondoso.
È il parametro più importante quanto a influenza sul disturbo degli assetti. Più l’onda è grande e più diventa necessario compensarne gli effetti con le opportune contromisure. Se l’onda è piccola ogni altra considerazione perde di valore e conviene piuttosto continuare a nuotare secondo i propri canoni standard.
Questo articolo verte sull'analisi della nuotata tra onde di dimensioni medie, cioè quelle che non sono ancora motivo di interruzione della nuotata (o di una competizione di nuoto di fondo/triathlon), ma che sono già sufficienti a richiedere una contromisura.
Quando invece la dimensione è molto elevata allora si sconfina nel nuoto estremo.
Le onde si distinguono principalmente per dimensioni, forma e direzione, ma soprattutto la principale differenza subentra tra le onde in mare aperto, che sono onde oscillatorie, e i frangenti sottocosta, che sono onde traslatorie, ossia vere e proprie masse di acqua in movimento.
Per quanto concerne la nuotata, ci sono innanzitutto due attenzioni da porre:
evitare di farsi sorprendere da un frangente durante il recupero della bracciata, in particolare se proprio quel momento è abbinato all'inspirazione;
evitare il beccheggio, ossia il movimento "su e giù", quale porta periodicamente la testa in sommersione, e occorre cioè cercare di far si che il peso del blocco testa\spalle sia sempre in appoggio equilibrato sull’acqua, e si ottiene se la faccia sta sempre immersa sulla stessa linea di galleggiamento, cioè faccia e orecchie sotto ma cranio fuori. A seconda del tipo di onda può essere più o meno facile riuscirci.
Le serie di onde arrivano ad intervalli più o meno regolari; ha senso sfruttare le pause tra un set e l’altro per andare verso il largo.
Nuotare con onda corta
L'onda corta di dimensioni ridotte e senza frangente, detta anche maretta o choppy wave, è il caso più frequente e semplice da gestire, però è anche il tipo di onda più sfibrante, perché ogni tentativo di aumentare l’andatura si risolve in una serie di disturbi in senso verticale, un po' come andare in bicicletta sul pavé. In questo caso le alternative sono due:
cercare di accelerare per neutralizzare il vettore di spinta verticale con un superiore vettore di spinta orizzontale, cosa che dovrebbe neutralizzare il fastidio;
minimizzare lo sforzo e cercare di nuotare il più naturale possibile.
Nuotare con onda lunga
In questo caso seguire il moto ondoso è molto più semplice (stavolta come andare in bici su e giù per una collina), però nel momento dello scavallamento dell’onda può succedere che il corpo si ritrovi a cadere nel vuoto per poi affondare, azzerando di botto la velocità di crociera. Per evitare ciò occorre fare molta attenzione al ritmo delle onde, variando la velocità in base ad esso e considerando che non tutte le onde sono uguali.
In linea di massima il consiglio è di decelerare quando ci si ritrova nel cavo e accelerare quando si è sulla cresta.
Nuotare tra i frangenti
In primis converrebbe nuotare il più lontano possibile dalla zona dei frangenti (che non sempre segue una linea perfettamente parallela alla spiaggia e cambia invece sulla base della profondità del fondale), tuttavia, considerando che anche allontanarsi troppo dalla riva è allo stesso tempo un rischio.
Onde che frangono vuol dire presenza di fondale basso, quindi correnti più forti e di conseguenza difficoltà nella nuotata
Quando si nuota tra i frangenti bisogna tener conto che ci si ritrova proprio tra vere e proprio masse d'acqua che sbattono, col rischio di incidenti che possono andare dalla botta timpanica, se l'acqua colpisce violentemente l'orecchio, a veri e propri politraumi nel momento in cui si viene scaraventati su fondale o scogli.
Direzione delle onde
Questo parametro, proprio come con la corrente, influisce sulla tecnica di nuotata.
Onda a favore: la migliore eventualità quanto a prestazione sarebbe proprio quella di avere onda lunga a favore, però chi lo ha provato sa che può essere molto sfibrante a livello psicologico. Questo perché l'onda a favore prima ti passa sotto la pancia dandoti un aiuto minimo, per poi farti risucchiare indietro, e questa cosa psicologicamente ammazza. Occorre cercare di calcolare il risucchio e fare in modo che subito prima si stia nuotando con la tecnica del contro-corrente (bracciate corte e frequenti) senza sprecare forza in inutili spinte. Quando invece ci ritrova nel momento in cui l'onda spinge occorre sfruttare al massimo la spinta e l'allungamento della bracciata. Se si riesce a calcolare bene il momento del cambio da risucchio a spinta si può in alcuni casi fare “body surf” e procedere a razzo, tuttavia, il successivo risucchio provvederà a stoppare la corsa, ed è una vera mazzata per la psiche.
Onda contraria: conviene fare l’inverso, ossia bracciata corta e veloce al passaggio dell'onda, e massimo allungamento durante la fase di risucchio
Onda laterale: può determinare un involontario cambio di rotta, però, al contrario del caso della corrente laterale, non è detto che lo spostamento sia sempre nel senso dell’onda. Se l’onda è corta di solito ci si sposta nella direzione dell’onda, se invece è lunga può capitare che la forza di risucchio sia abbastanza forte da far muovere in senso inverso. Occorre osservare gli effetti e tenerne conto nell’elaborazione della rotta da seguire.
In ogni caso, sia con corta che lunga, nell'area dei frangenti lo spostamento segue sempre la direzione delle masse d'acqua che vanno verso la battigia.
Respirazione
Nuotando lateralmente nell'area dei frangenti bisogna calcolare a puntino una frequenza respiratoria tale da garantire di non respirare proprio nel momento in cui il frangente impatta addosso: a questo scopo sarebbe bene respirare sempre dal lato dell'onda per verificare costantemente il ritmo corretto da utilizzare.
Con onda lunga c'è invece più margine per la respirazione, ma il frangente sarà più impetuoso; in questo caso potrebbe essere necessario cambiare per un attimo la direzione della nuotata durante il passaggio del frangente, un po' come avviene in nautica dove l'onda viene presa al mascone.
Questo, nel momento del passaggio del frangente, può avvenire con più opzioni:
eseguire un recupero di bracciata subacqueo invece che aereo;
seguire una pausa, per poi spingere e recuperare subito dopo il passaggio del frangente;
puntare il frangente e superarlo sott'acqua (dolphining).
Invece a largo, dove l'onda non frange, le varianti sono due:
respirare verso il lato di provenienza delle onde, in modo da controllarle;
respirare dall'altro lato, quello protetto dalle onde, quali stavolta impatteranno sulla nuca.
Errore comune di chi nuota in mare è la “respirazione ritardata” che si sviluppa per evitare di deglutire acqua, proteggendo col braccio la bocca dall’acqua agitata, ma disturbando la fluidità della nuotata.
Se in piscina è data al nuotatore l'esclusiva di gestire i tempi della respirazione, in mare formato sono dettati dalla Natura questi tempi. Per questo motivo, oltre a osservare le onde, bisogna imparare a percepire il moto ondoso percependo gli spostamenti del proprio corpo prima, durante e dopo il passaggio di un'onda, automatizzando i riflessi respiratori di conseguenza.
Per arrivare a questo livello di consapevolezza è necessario fare tanto nuoto in mare ed esercizi di condizionamento al moto ondoso.
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