Ormai la laurea la danno proprio a tutti! A parte gli scherzi, una piccola soddisfazione: mi sono immatricolato presso la prestigiosa Università di Pisa nell'Ottobre 2019 all'età in cui gli altri di norma finiscono, col serio dubbio che sarei riuscito a coniugare studio e lavoro, mentre alla fine mi sono laureato il 25 Maggio 2022, anche in anticipo rispetto al triennio previsto, con voto 110 con Lode e convocazione per la consegna della medaglia alla presenza del Rettore dell'Ateneo e del Direttore del Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale.
Il motivo che mi ha spinto ad iscrivermi alla facoltà di Scienze Motorie è quello di acquisire le nozioni di questo corso di studi al fine di metterle al servizio del salvataggio in acqua, andando ad incrementare gli attuali standard degli operatori del settore.
Questa mission si è concretizzata proprio nell'elaborato finale, una tesi sperimentale dal titolo “Analisi metabolica nell’azione del salvataggio con l’impiego dei diversi ausili e in differenti condizioni di mare”.
Il significato del titolo fa capire che si tratta di un'analisi che prende in considerazione i meccanismi energetici del corpo umano (aerobico, anaerobico a/lattacido) con lo scopo di verificare come questi vengono coinvolti nei diversi scenari legati al salvataggio in acqua, in base al tipo di attrezzatura utilizzata, alle condizioni del mare e alla distanza percorsa.
Per rilevare questi dati si è sottoposto a una serie di test il lifeguard Luca Stefani, professionista con tanti anni di esperienza come guardaspiaggia, in possesso di equivalenti capacità tecnico-operative con tutti i dispositivi presi in considerazione da questo studio, soggetto mediamente allenato (ma appositamente non uno sportivo agonista) che durante tutto l’anno segue un percorso di mantenimento costante della forma fisica basato su attività blande di corsa, nuoto, surf e allenamento a corpo libero.
I test si sono tenuti in Toscana, a Marina di Pietrasanta (LU), sfruttando la scaduta della mareggiata di metà Dicembre con lo scopo di ottenere tre condizioni di mare differenti:
Domenica 12/12/2021 = condizioni di mare mosso (wave)
Lunedì 13/12/2021 = condizioni di mare increspato (choppy)
Martedì 14/12/2021 = condizioni di acqua piatta (flat)
Le simulazioni si sono svolte impiegando quattro dotazioni classiche del lifesaving che comportano schemi motori totalmente diversi:
il rescuetube, quindi il nuoto;
la rescueboard, quindi la remata;
il rescueSUP, quindi la pagaiata;
il natante a remi, quindi la voga.
Per ogni dispositivo il test è stato svolto su tre distanze progressivamente maggiori, ponendo il target a:
25 mt dalla battigia, dove la prevalenza di acqua bassa limita l’impiego delle dotazioni;
50 mt dalla battigia, dove, oltre a quelli terrestri, iniziano ad avere valenza anche gli schemi motori acquatici;
100 mt dalla battigia, dove un ampio tratto in acqua fonda permette di usare a pieno le tecniche di nuoto, surfata, pagaiata e voga.
Quattro attrezzature differenti, tre distanze differenti e tre giornate con condizioni mare differenti hanno portato quindi ad un totale di 36 test!
Modalità di svolgimento dei test
Viene posizionato in acqua un manichino da addestramento che riproduce le dimensioni, il peso e il galleggiamento di una persona adulta.
L’operatore si posiziona in prossimità della battigia, con i piedi che non toccano l’acqua e nei pressi della dotazione da impiegare.
Al colpo del fischietto l’operatore recupera l’ausilio e raggiunge nel minor tempo possibile il manichino posto ad una distanza prestabilita, seguendo la rotta più breve (perpendicolare rispetto alla battigia).
Una volta recuperato, il manichino viene trasportato nel minor tempo possibile a riva, fino al punto di partenza del test.
Appena il manichino viene poggiato a terra vengono presi i parametri del soccorritore, grazie al supporto dello staff.
Col cronometro sono stati misurati i tempi di arrivo sul target (T1), i tempi impiegati nel contatto (T2), ossia nell'agganciare il rescuetube, caricare il manichino sulla tavola o issarlo a bordo del pattino, e il tempo di rientro a riva (T3).
Col pulsossimetro abbiamo misurato la frequenza cardiaca, con lo sfigmomanometro la pressione arteriosa massima e minima, col saturimetro la saturazione di ossigeno, col lattacidometro la concentrazione di lattato nel sangue, e rilevato la frequenza respiratoria contando il numero di atti ventilatori al minuto.
Per ricevere un feedback sullo sforzo percepito abbiamo posto al termine di ogni test questi quattro quesiti: "Come ti senti? Eri in affanno? Percepisci dolori? Hai avuto delle difficoltà?"
I risultati dei test sono stati inseriti in nove tabelle che hanno permesso di mettere a confronto le prestazioni con i diversi ausili, in base a distanza e condizioni del mare. Analizzando i dati raccolti è stato possibile giungere a delle interessanti conclusioni.
Conclusioni: 1) meccanismi energetici
La mancanza di una sostanziale differenza tra i parametri rilevati nelle diverse condizioni mette in risalto il fatto che, per quanto le prove mettano in gioco i diversi meccanismi energetici, quello prevalente è di tipo aerobico.
Sulle brevi distanze l’ingresso in acqua potrebbe essere realizzato con uno scatto cui consegue una prevalente componente anaerobico-alattacida, tuttavia, resta inevitabile il fatto che le fasi di contatto e di rientro a riva vadano a determinare un carico di resistenza prettamente di carattere aerobico.
In condizione di moto ondoso, al fine di affrontare al meglio il superamento di onde e correnti, potrebbero essere necessari degli scatti ponderati al momento giusto, quali potrebbero coinvolgere una componente anaerobico-lattacida.
Conclusioni: 2) ausili da impiegare
Sulle brevi distanze è sensato intervenire con mezzi poco ingombranti; infatti, il nuoto con rescuetube e l’impiego della rescueboard sono le tecniche che hanno determinato i tempi più bassi sui 25 metri, in tutte le condizioni marine.
Sulle medie distanze iniziano ad acquisire valore anche gli altri mezzi: rescueSUP e natante a remi. Bisogna tener presente che fino a 50 metri della costa buona parte del tratto è costituito da acqua bassa. In acqua piatta il SUP risulta più efficace della rescueboard, viceversa, in mare mosso, la rescueboard risulta lo strumento più veloce nella fase di contatto.
Sulle lunghe distanze il nuoto inizia a perdere di efficienza rispetto all’impiego dei mezzi. In condizioni di acqua piatta, all’aumentare delle distanze, inizia a far valere la sua funzione il natante a remi, soprattutto grazie al vantaggioso rendimento che comporta la tecnica della voga, sia nella fasa di andata che al rientro. In condizione di mare mosso la rescueboard risulta il mezzo più efficace su tutte le distanze.
Conclusioni: 3) allenamento indicato
Un lifeguard dovrebbe mantenere una buona forma fisica, con allenamenti che vadano a stimolare tutti i meccanismi energetici. L’ideale sarebbe costruire una buona base aerobica, con allenamenti ad alto volume basati sulla resistenza, integrando all’interno della periodizzazione allenamenti prettamente anaerobici, con carichi ad alta intensità e volume ridotto.
Gli allenamenti per il lifeguard dovrebbero svolgersi su tre fronti:
acquatico nelle nuotate di salvamento (prevalenza aerobica);
terrestre nella corsa sul frangente (prevalenza anaerobico-alattacida);
specifico sugli ausili, sia da un punto di vista tecnico che metabolico (prevalenza anaerobico-lattacida).
La percentuale maggiore è ovviamente da dedicare al nuoto, poiché solo stando in acqua si acquisiscono l'acquaticità e la sensibilità necessarie per mantenersi lucidi durante un intervento.
Conclusioni: 4) periodizzazione
Sulla base di queste nozioni è possibile inquadrare una sorta di periodizzazione dell’allenamento annuale di un addetto al salvamento, quale naturalmente differisce da quella di un atleta.
In linea di massima, per il carico di allenamento, si può dire che ogni anno in funzione della stagione estiva:
a Gennaio-Febbraio andrebbe realizzato un percorso di riadattamento;
verso Marzo-Aprile un aumento dell’intensità (anaerobia);
a Maggio un incremento del volume (aerobia);
durante la stagione lavorativa concedersi un'ora al giorno di allenamento fisico-tecnico.
Gli scopi dell'elaborato che mi ero posto prima di iniziare la stesura sono vari e analiticamente possono essere distinti in:
mettere in paragone l’azione di salvataggio in contesti marini differenti;
analizzare con dei parametri lo sforzo dell’operatore in un’azione di salvataggio in mare;
stabilire pro e contro dei diversi ausili di salvataggio;
esaltare la necessità di un’efficienza fisica ai fini di un corretto intervento.
Il testo della tesi è strutturato in quattro capitoli:
il capitolo iniziale fornisce una panoramica generale della figura del lifeguard, con alcuni accenni tecnici del settore sommati a nozioni di biochimica e fisiologia necessari alla comprensione dell'elaborato;
il secondo capitolo chiarisce in maniera analitica ed esaustiva le finalità di questo lavoro di ricerca;
il terzo capitolo, sicuramente il più sostanzioso, mostra nel dettaglio come sono stati organizzati ed effettuati i test con i quali sono stati raccolti i dati;
nell’ultimo capitolo vengono raccolti tutti i dati rilevati e distribuiti in tabelle, sulla base delle quali sono state elaborate le conclusioni finali.
Il testo integrale della tesi può essere richiesto inviando una mail a davidegaetalifeguardtrainer@gmail.com per essere utilizzato come riferimento bibliografico, previa citazione ed autorizzazione da parte dell'autore.
Per realizzare questo progetto è stata indispensabile la guida del relatore Prof. Stefano Frediani, docente presso la facoltà di Scienze Motorie dell'Università di Pisa nel corso di Teoria, Tecnica e Didattica dell'Attività Motoria e Sportiva, nel corso di Teoria e Metodologia dell'Allenamento e nell'attività didattica elettiva sulle Tecniche di Nuoto per Salvamento.
Indispensabile, inoltre, il supporto delle aziende Rescue Italia, che ha messo a disposizione le attrezzature da salvataggio, e SoFraPa Emergency Training Specialist che ha fornito il manichino professionale da addestramento.
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