Tanta della mia esperienza nel soccorso acquatico l'ho maturata grazie alla Croce Rossa Italiana. Ho trascorso molti giorni indossando la divisa rossa e nera dei Soccorsi Speciali, con affissa la patch col salvagente ed il bordino blu, ad indicare il ruolo di Istruttore OPSA (Operatori Polivalenti di Salvataggio in Acqua).
Ma nulla sarebbe stato possibile se all'origine questo settore non fosse stato ideato da qualcuno, e la nascita di quest'area specialistica della CRI si riconduce inequivocabilmente al Com.te Rossano Alberto Rosso.
Ex-incursore della Marina Militare, ha lavorato per tanti in Croce Rossa, dal Corpo Militare all'Ufficio Soccorsi Speciali di Roma, ed è considerato il papà degli OPSA e delle altre attività speciali.
Nel 2020 è stato insignito del Premio Duilio Marcante al Museo del Mare di Genova.
Con questa intervista, ripercorriamo insieme a lui la storia del salvataggio in acqua della CRI.
Quando e come sono nati gli OPSA della Croce Rossa?
Una prima proposta con un promemoria scritto alla fine degli anni settanta chiedeva all’Ispettorato del Corpo Militare della C.R.I. di realizzare un Nucleo Iperbarico Mobile nell’ambito di un nucleo sommozzatori del Corpo.
Alla fine degli anni 80, un gruppo di ufficiali, sottufficiali e militi del Corpo Militare della Croce Rossa Italiana - membri di uno storico centro subacqueo della Capitale, il Pellicano del Cimone, centro dedicato al fondatore dello scautismo Raider il Capitano degli Alpini ing. Aldo Marzot - diedero vita ad un primo nucleo sommozzatori della Croce Rossa. La formazione era doverosamente completata da programmi di nuoto per salvamento e primo soccorso.
Quando e dove si è tenuto il primo corso?
Il primo corso Istruttori per Operatori Polivalenti di Salvataggio in Acqua (O.P.S.A.) - basato
sulla Circolare per il Servizio e le Attività di Salvataggio in Acqua n°03538 del 22/04/1993 del Servizio Attività Sanitarie del Comitato Centrale CRI a firma del Direttore Generale della C.R.I. e successive modificazioni - si è svolto al Centro Polifunzionale della Protezione Civile di Castelnuovo di Porto (Roma), dal 26 settembre al 2 Ottobre del 1994 . Il primo corso per Operatori OPSA, a cura di istruttori romani, si è svolto per il Comitato di Taranto, presso la piscina di Gioia del Colle.
Che riconoscimento hanno avuto da parte dello Stato (Ministeri, Capitanerie, ecc)?
Molti sono stati i riconoscimenti sia a livello nazionale che internazionale del lavoro svolto dalla C.R.I. nel settore del Salvataggio in Acqua. Il culmine la circolare n°54/1994 del Demanio
Marittimo del già Ministero dei Trasporti e della Navigazione che dichiarava il titolo O.P.S.A. equipollente ai titoli professionali del settore.
Il Protocollo d’intesa tra il Comando Generale delle Capitanerie di Porto ed il Comitato Centrale C.R.I. per il concorso nei grandi eventi in ambito portuale/marittimo.
Sono stati organizzati e svolti corsi di formazione per la Croix Rouge Camerunaise e per la Malta Red Cross, e le progettazioni per le consorelle Siriana e Croata, nonché conferenze informative per i Segretari Generali e Presidenti delle Consorelle del Centro e Sud America.
Quali sono le migliorie che hanno apportato gli OPSA al settore del soccorso acquatico (attrezzature, procedure, ecc)?
È la C.R.I. che ha, per prima, introdotto l’uso del Rescue-can, del Rescue-tube, importando dagli U.S.A. i prototipi e realizzando in Italia i materiali.
Sempre la C.R.I. ha sviluppato ed elaborato l’impiego dell’idromoto da soccorso con barelle di modello sanitario, derivate da materassini a depressione.
Progettato e sviluppato sistemi ottimali di sollevamento del pericolante dall'acqua, anche politraumatizzato, come il sistema GIARO e la Rescue-net.
L’ottimizzazione delle procedure per l’impiego di detti materiali.
L’affermazione dell’obbligatorietà che le azioni di soccorso acquatico devono essere svolte da minimo due operatori.
Un episodio rimasto particolarmente impresso nella memoria, legato al soccorso acquatico della CRI?
La mia esperienza in oltre tre lustri di gestione centrale dei Soccorsi Speciali della C.R.I. mi ha visto testimone di tanti episodi sia di soccorso che di generosità dei nostri Operatori.
La cosa che mi ha maggiormente colpito è la capacità di evoluzione e creatività, a tutte le latitudini, del nostro personale, sia volontario che volontario a tempo pieno (la giusta definizione di quello che dovrebbe essere il dipendente della C.R.I..).
Come sono nati gli SMTS (Soccorsi con Mezzi e Tecniche Speciali)?
Allo scopo di ordinare ed organizzare le attività di Soccorso in Montagna e di Soccorso Cinofilo; avendo considerato un successo l’organizzazione sviluppata del Servizio Attività Sanitarie per il Salvataggio in Acqua, la Presidenza Generale ha affidato a quel Servizio tale organizzazione.
Il competente Ufficio del S.A.S. ha quindi organizzato i Soccorsi con Mezzi e Tecniche Speciali allo scopo di avere un alveo nel quale indirizzare tutte le eventuali iniziative nel soccorso non ordinario, ed evitare che ogni attività abbia diverse strutturazioni organizzative.
Quindi, seguendo la strutturazione del Salvataggio in Acqua, si sono creati due
rami di soccorsi speciali: il “Soccorso con Supporto Cinofilo” e i “Soccorsi con Mezzi e Tecniche Speciali”.
Le intenzioni emerse nel corso di convegni ed incontri - prevalentemente tra istruttori del settore - hanno evidenziato l’esigenza di avere almeno due figure di operatori: l’operatore base e l’operatore specializzato.
Lo specializzato era ad esempio il soccorritore su corda. Nel tempo tutti gli operatori dei Soccorsi Speciali avrebbero dovuto prima essere operatori di base SMTS, quindi specializzarsi OPSA, Corde, Cinofili, Piste da Sci, NBCR, Droni, eccetera.
L’Operatore di Base SMTS doveva essere una figura con conoscenze di base su sistemi di esfiltrazione e sollevamento con corda, leggere una carta topografica, conoscere elementi di base dell’applicazione ”survival” per il Primo Soccorso e i sistemi di allarme e comunicazione di emergenza, superare la selezione di sicurezza acquatica. Cose molto semplici, ma necessarie a nostro avviso anche agli operatori di strada.
Cosa potrebbe essere migliorato, in generale, nell'attuale sistema di salvataggio in acqua?
Come noto l’azione di soccorso più efficace per il soccorso acquatico è la prevenzione.
Per prevenzione si intende l’educazione ed il controllo, quindi, mi limiterò a descrivere le azioni necessarie lasciando ad un maggiore approfondimento le motivazioni:
Fornire agli operatori professionali del salvamento Bagnini di Salvataggio ed Assistenti Bagnanti la qualifica di agente/ufficiale di polizia giudiziaria, eventualmente come Agenti di Polizia Locale Ausiliari.
Sancire formalmente che l’azione di soccorso deve essere svolta, normalmente, da due operatori.
Diminuire, a seconda dell’orografia e la frequentazione della spiaggia, gli spazi di competenza di ogni operatore.
Sviluppare nelle scuole programmi di educazione alla “sicurezza acquatica”.
Effettuare corsi per diportisti, di Sicurezza Acquatica ed uso delle attrezzature di sicurezza di bordo.
Il Comandante Rossano Alberto Rosso ci ha lasciati il 20/04/2021. Nel giorno 16/10/2021, ad Ardea (Roma), le sue ceneri sono state simbolicamente disperse in mare.
Tutti gli saremo sempre grati per quanto fatto per la diffusione della cultura del salvataggio in acqua nella nostra Nazione.
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