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Immagine del redattoreDavide Gaeta

CANI DA SALVATAGGIO: intervista a Ferruccio Pilenga

Aggiornamento: 3 feb 2021

I cani da salvataggio sono un punto di forza per l'incremento della sicurezza durante un intervento in acqua, oltre che un elemento di grande attrazione e fascino sulle spiagge sorvegliate.

Ma quando questo settore lo ricolleghiamo ad un umano, il primo nome che salta fuori è senza dubbio quello di Ferruccio Pilenga, precursore dell'idea del cane da salvataggio in acqua (in Italia e nel resto del mondo) e fondatore della Scuola Italiana Cani da Salvataggio (SICS).

Con questa intervista scendiamo negli aspetti più tecnici di questo ramo del salvataggio che unisce soccorso acquatico e cinofilia.

 

Quando e come nasce l'idea del cane da salvataggio?

Nella mia mente e nei miei sogni, nasce dalle gesta dei leggendari cani ospitati sugli antichi velieri che strappavano alla morte i marinai nei casi di incidenti. Cani che poi hanno chiamato come la loro isola di origine: Terranova.

Nella pratica, l´idea di creare una scuola di addestramento cani per il salvataggio nautico, e di far riconoscere legalmente l´efficacia delle unità cinofile, mi è balenata sulla fine degli anni ´80.

Di comune accordo, io e i miei indispensabili collaboratori, abbiamo deciso di anteporre a ogni passo successivo un´indagine preventiva sia delle moderne tecniche di recupero adottate dalla Guardia Costiera, sia delle possibili migliorie a queste apportabili mediante l'ausilio dei cani.

Così progredendo, abbiamo in primo luogo appurato ciò che l´uomo con i suoi mezzi era in grado di fare, prendendo noi stessi confidenza con gommoni, elicotteri, strumenti di navigazione e di volo.

Solo dopo ci siamo concentrati sul cane e sulle sue tecniche di addestramento, avviando la fase più creativa del nostro progetto, quella che ci ha portato a mettere in discussione i precetti della scuola francese per inaugurane una nuova, più attenta a rafforzare il rapporto cane-padrone, e, quindi, più efficace nel creare unità cinofile degne di essere così chiamate.

Una domanda gettonata: quali sono le razze più adatte per questo scopo? Esistono requisiti su taglie, peso, ecc?

Terranova, Golden Retriever, Labrador, e qualsiasi cane di almeno 25 kg di peso e che abbia una buona acquaticità


Pettorina, imbraco, salvagente: come è preferibile chiamarlo? Quali caratteristiche deve avere per essere idoneo all'attività del salvataggio in acqua? Sono previste delle certificazioni?

Noi utilizziamo 2 tipi di imbraco: quello leggero e quello galleggiante.

Il primo, di rappresentanza, ma utilizzato anche durante gli addestramenti a terra, serve a far entrare il cane in “modalità lavoro”. È come un interruttore: quando il cane lo indossa sa che sta per fare qualcosa di bello insieme al suo conduttore. E lo si vede dalla gioia che ogni nostro cane esprime appena viene indossata

L’altro è l’imbrago operativo. È fatto con materiali che ne consentono un’ampia galleggiabilità, in modo da far stancare il meno possibile il cane.

E sono certificati per garantire la galleggiabilità anche con pesi superiori a quello del cane: ad esempio devono garantirla anche con il peso del conduttore e 2 persone (questa è anche una delle prove di esame per il rilascio del brevetto alle unità cinofile).

Dopo anni di ricerca e sviluppo abbiamo raggiunto un livello di qualità massima del dispositivo.


Quali sono i vantaggi tecnici nell'impiego del cane in un'azione di salvataggio in acqua?

Sono molteplici i vantaggi: innanzitutto il cane diventa un motore “intelligente” in grado di far risparmiare risorse fisiche preziose al conduttore che effettua il salvataggio.

Poi, con l’ausilio del cane, il conduttore ha la possibilità di portare in salvo anche più di un pericolante alla volta. Cosa impensabile per un solo soccorritore umano: non è mai stata testata la forza di traino dei nostri cani, ma tutti sono in grado di trainare a riva anche 3/4 persone alla volta.

Cani di stazza e potenza maggiore, come ad esempio i Terranova, possono trainarne a riva anche di più.

Quali sono invece le limitazioni che potrebbe comportare?

L’unica limitazione potrebbe essere lo stretto legame che si instaura tra cane e conduttore. E che inevitabilmente potrebbe spostare il cane al primo posto nella scala di priorità di un intervento. Anche prima del conduttore stesso!

Ed è per questo che le nostre unità cinofile vengono addestrate di continuo, simulando il più possibile gli scenari che potrebbero verificarsi. Proprio per abituarle a mantenere la lucidità e a non perdere quelle che sono le priorità. Perché solo così si riesce ad effettuare un intervento che metta in sicurezza vittima, cane e conduttore.

Nel muoversi nella corrente e nel moto ondoso, si dice che i cani abbiano una sensibilità maggiore rispetto all'uomo, e che siano capaci per natura di ricercare sempre le rotte più vantaggiose. È una cosa vera?

Si, è verissima. I cani tramite la sensibilità dei polpastrelli riescono a riconoscere la direzione delle correnti. Ed essendo animali intelligenti, scelgono sempre la via meno faticosa.

Molto spesso durante le nostre simulazioni di addestramento con più unità cinofile in acqua, vediamo i nostri cani scegliere la stessa via di rientro, andando a formare una sorta di fila indiana. Proprio perché tutti scelgono la via più agevole.

Infatti nel rientro a riva facciamo sempre scegliere al cane la direzione più agevole.


Come è strutturato, in sintesi, il percorso formativo per conduttore e cane?

Noi utilizziamo un percorso addestrativo unico nel suo genere, frutto della collaborazione con etologi, cinofili ed esperti del settore.

È un metodo denominato game based, cioè basato sul gioco. Proprio perché essendo cane e conduttore due esseri sezienti, ma che non parlano la stessa lingua, cerchiamo di comunicare in quella che è l’area comune di entrambi: la propensione al gioco, anche da adulti.

Il gioco quindi diventa il vocabolario di entrambi per tradurre correttamente le parole umane in quelle canine e viceversa. Ed in questa area riusciamo a creare un legame profondo tra i due. Un legame che porterà il cane a compiere scelte anche apparentemente sconvenienti per lui, per il compiacimento del proprio conduttore, e per il fatto di effettuare quelle scelte in accordo con lui.


Delle aspiranti unità cinofile che vorrebbero conseguire il brevetto, quale percentuale risulta alla fine idonea al soccorso acquatico?

Per intraprendere il percorso formativo per conseguire il brevetto di salvataggio SICS bisogna tenere conto di 2 fattori determinanti: in primis la propensione del cane all’ambiente acqua, e poi le capacità natatorie del conduttore. La scuola farà poi il resto per affinarle e migliorarle.

Parlando di percentuali ritengo senza ombra di dubbio, prendendo a base l’esperienza trentennale della nostra scuola, che ci assestiamo intorno all’80%.


Per quanti anni, in genere, un cane riesce a prestare servizio?

Un cane in salute può prestare servizio anche fino ai 10 anni di età. Ovviamente centellinando i servizi in base all’età del cane.

Sta al conduttore capire quando è il momento di rallentare. Perché il cane, se potesse scegliere, non smetterebbe mai di prestare servizio insieme al proprio conduttore.

Nella metodologia della tua scuola si parla spesso di tecnica a delfino. Potresti descriverla?

La tecnica a delfino è una tecnica affinata in tanti anni di studio, che consente al conduttore di essere trasportato dal cane in prossimità della vittima, con grandi vantaggi in termini di risparmio di energie e anche di velocità dell’intervento (soprattutto le razze più acquatiche sono anche estremamente veloci nel nuoto).

In sostanza è una tecnica in cui il conduttore si aggrappa alle maniglie dell’imbrago indossato dal cane, e al comando “avanti” il cane traina velocemente il soccorritore sul pericolante, per poi rimanere nei pressi dell’intervento senza avvicinarsi troppo allo stesso, fino al richiamo del conduttore per il traino a riva.


In Italia è ormai diventata una realtà consolidata. Invece come è vista la cinofilia acquatica all'estero?

All’estero siamo visti come dei pionieri in questo campo. Mai nessuno prima di noi nel mondo aveva pensato all’utilizzo dei cani in acqua.

L’esperienza accumulata in questi decenni di sviluppo e lavoro ci ha dato un vantaggio incolmabile per tutti.

Non a caso stiamo esportando la nostra metodologia anche fuori dai confini nazionali: abbiamo sezioni in Germania, in Spagna e, non da ultimi, negli Stati Uniti d’America, con la US Coast Guard molto attratta dal nostro know how.

Inoltre, dopo diversi sopralluoghi e dopo una settimana di riprese con uno sforzo titanico, le unità cinofile SICS hanno concluso nel 2018 un progetto che ha richiesto quattro anni di impegno e preparazione: il contributo al film SuperPowerDogs, girato in tecnologia IMAX3D e presentato a Los Angeles nel 2019.


Nei Corpi dello Stato le unità cinofile sono adoperate in diversi ambiti. Pensi che un giorno adotteranno anche i cani per il salvataggio in acqua?

Sicuramente si, visti anche i risultati ottenuti in termini di salvataggi dalle nostre unità cinofile annualmente.

A differenza però di altri ambiti, per l’addestramento dei cani da salvataggio in acqua (proprio perché l’acqua non è proprio un elemento “naturale” per il cane) occorre un percorso diverso dal semplice addestramento coercitivo e non.

Occorre innanzitutto che tra cane e conduttore si instauri un legame molto molto profondo: non a caso si parla di Unità cinofila.

Proprio perché cane e conduttore in quelle circostanze devono essere una “cosa sola”. E per crear questo legame, non è sufficiente un semplice lavoro sull’obbedienza.

I nostri cani non devono ubbidirci. I nostri cani ci seguono in qualsiasi condizione meteo marina perché desiderano farlo più di ogni altra cosa al mondo.

Per arrivare a questo ci vuole una metodologia di lavoro che siamo riusciti ad elaborare in anni ed anni di studio. E che solo noi abbiamo.

Non è un caso che sempre più spesso veniamo chiamati a collaborare con vari Corpi dello Stato che si occupano di sicurezza in mare : Vigili del Fuoco, Polizia di Stato, Guardia di Finanza, Guardia Costiera, Marina Militare. Con tutti siamo arrivati a istituzionalizzare i rapporti e redigere veri e propri protocolli operativi.


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